sabato 11 ottobre 2008

L'incontro

La donna correva a perdifiato. Mancava poco ormai alla Barriera, poche centinaia di metri e sarebbe stata salva. I latrati dei segugi si facevano sempre più vicini, sempre più incalzanti. Nella notte senza luna, senza luce di stelle, non vedeva dove metteva i piedi scalzi e sanguinanti; la piana era arida e pietrosa, un vento gelido le asciugava addosso il sudore della corsa e le tagliava il respiro. I brandelli della sua lunga veste le sferzavano le gambe magre e sembravano quasi al servizio dei suoi aguzzini per impedirle la corsa, per farla raggiungere dai botoli ringhianti. La notte era al termine, già l’accenno di un’alba livida e nebbiosa stava schiarendo il cielo ad est, una luce lattiginosa e opaca che nascondeva più che rivelare le asperità del terreno. I latrati si fanno più vicini, da dietro e da i fianchi i segugi stanno convergendo su di lei, il gruppo che aveva trovato l’usta ha chiamato i compagni con ululati e abbai ed ora stanno per raggiungerla. Con ultimo sforzo accelera, i polmoni brucianti, una fitta feroce all’addome, i piedi feriti e doloranti. Ecco il bagliore della Barriera, un luccicore pulsante, vago e impalpabile, mancano pochi metri quando una buca nascosta dall’ingannevole luce dell’alba le afferra un piede e la tira giù. La donna, disperata, si ritrova distesa in terra, tenta di mettersi in ginocchio ha le palme delle mani escoriate, la bocca piena di polvere e pietruzze, i cani stanno per raggiungerla, alza gli occhi e misura con lo sguardo la distanza che la separa dalla salvezza, cerca di alzarsi ma adesso i segugi sbavanti e ringhianti le sono addosso, Una cagna le vola addosso con tutto il peso le unghie che raspano la pelle, il muso arricciato nel ringhio, il respiro fetido, la azzanna al fianco. Il capobranco le è sopra anche lui, tenta di morderle il collo, lei si difende come può, coprendosi il volto con il braccio e allo stesso tempo cercando di scansare i due cani rabbiosi, il resto del branco le gira intorno, i peli ritti, ringhiando e ululando come anime dannate. Sta per soccombere, sfinita dalla corsa, dalle settimane di prigionia, dalla sete e dal freddo. Cerca di difendersi dai morsi e dai graffi ma non riesce più a reagire, tra le lacrime vede la Barriera a pochi passi da lei ma incommensurabilmente lontana, accerchiata com’è dal branco e azzannata dalle due bestie. Improvvisamente al di là del bagliore una luce che non è quella dell’alba ormai avanzata, sembra un stella caduta a terra, e nella luce si forma una figura, la figura di una persona alta, avvolta in un mantello nero, un cappuccio gli copre la testa e il volto è nascosto nell’ ombra. L’uomo fa un passo, due, supera il confine ed arriva accanto a lei, i due cani al suo avvicinarsi guaiscono e indietreggiano, la coda bassa, il pelo ritto; il branco si allontana. L’uomo le porge la mano lei ci si attacca come a un salvagente il naufrago, si sente tirare su, prendere in braccio, sviene.
Quando apre gli occhi è ancora tra le sue braccia, calde e forti, la prima cosa che vede sono due occhi verdi come le foglie in primavera, occhi pieni di pietà e di comprensione, è al di là della Barriera, salva. Il sole sta spuntando, il primo raggio illumina una terra verde e azzurra, dove i venti del risentimento e dell’odio non soffiano, dove può continuare ad essere quello che sente di essere, dove può continuare a sognare.
- Chi sei, Signore?
- Sono un Guardiano.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sbaglio o questa è soltanto la prima pagina di un qualcosa di più lungo. Come primo assaggio non è male. A quando il resto?

Darkyo

Doralys ha detto...

uhhhh, Darkyo! che sorpresa!No, per la verità finisce proprio così. Era solo un modo per elaborare un certo 'lutto' e rispondere senza rispondere. Grazie per l'apprezzamento, magari ci penserò. Baci.