martedì 15 gennaio 2008

L'uomo del tempo

Non conoscevo nulla del ciclo di Vorkosigan, anche se ne avevo sentito parlare da lettori entusiasti. Ora che ho letto questo romanzo anche io ho voglia di leggere il resto dei romanzi che lo compongono. La storia è quella di un ragazzo, un cadetto appena uscito dall’accademia, che deve imparare la difficile arte del comando e deve impararla ubbidendo. Ma si deve sempre ubbidire ciecamente? Questo è la prova alla quale Miles verrà sottoposto alla fine del suo tirocinio. L’eroe di questo romanzo non è un aitante, biondo, affascinante giovane ufficiale bensì un ragazzo con handicapp motori ma di grande carisma e intelligenza doti con le quali riesce a superare le difficoltà che gli si presentano. Insomma il racconto di una crescita, di una maturazione da ragazzo in uomo, con una solida ambientazione fantascientifica e descrizioni accattivanti dell’ avamposto in mezzo ai ghiacci dove viene assegnato temporaneamente. Un po’ sopra le righe la presentazione di alcuni caratteri che sembrano forzati e poco probabili e, in mezzo a diversi refusi ci sono brani che danno la sensazione di essere slegati dalla narrazione precedente, una sorta di ‘inciampo’ nella lettura che da liscia e oleata all’improvviso quasi si blocca, insomma quello che si prova quando distratti da altro veniamo sbalzati in avanti alla fine della scala mobile. Ciò nonostante il racconto è molto scorrevole e interessanteal punto di farmi desiderare di leggere tutti gli altri romanzi del ciclo.

Miles Vorkosigan. L’uomo del tempo (Wheatherman, 1990) di Lois McMaster Bujold, Odissea n. 18, pagg 124

Un'insidia da evitare.

E per questo due parole bastano e avanzano. Il suo maggior pregio è di essere breve, non breve come i due precedenti -150 pagine scritte con carattere più piccolo ma abbastanza da non addormentarcisi sopra per giorni. Per la verità ci ho messo qualche giorno a finirlo ma ci sono riuscita. Storia insulsa che non lascia traccia, ambientazione improbabile e finale ignobile. I protagonisti, uno specialmente, sembrano usciti da un vaudeville, guitti di mezza tacca. Non ho trovato assolutamente nessuno stimolo, nessuna curiosità nessun piacere nella lettura. Sì, è vero ho letto di peggio però dopo l’inizio veramente ottimo con i tre precedentemente commentati e dopo aver chiuso il 2007 in bellezza con Clone questo mi ha riportato a livelli di insofferenza per le storie mediocri o meno che buone. Eppure Pohl mi piaceva…
L’insidia del Glotch (Slave Ship, 1957) di Frederik Pohl, Odissea 14, pagg. 152

domenica 13 gennaio 2008

il fratello minore di Mindscan

Se non avessi letto Mindscan qualche tempo fa questo Furto di identità mi sarebbe piaciuto molto ma molto di più, a leggerlo adesso ha perso un po' di freschezza, di novità. Il tema è praticamente lo stesso di Mindscan il trasferimento della identità, dell'intima essenza di una persona in un corpo artificiale, l'ambientazione è su Marte piuttosto che sulla Luna e la trama è quella di un poliziesco. I 'topoi' del giallo alla Hammett ci sono tutti: l'investigatore privato da "100 dollari al giorno più le spese", il commissario che gli fa da spalla, la bellona piena di grana, una trama scoppiettante con ribaltamenti e colpi di scena e naturalmente la vittima. Insomma una storiella ben confezionata che, senza porre problemi metafisici come il fratello maggiore riesce a divertire e a far passare un paio di ore rilassanti.
Furto di identità di Robert J. Sawyer, Odissea n. 12, pagg. 126

Quasi un Fantaluna

Ebbene sì, questo romanzo della Asaro potrebbe benissimo essere stato pubblicato nei Fantaluna, la parte romantica è preponderante rispetto a quella scientifica che pure esiste ed è la struttura portante della storia. Confesso che la storia d'amore mi ha preso molto più della parte descrittiva e dell'ambientazione. La Asaro con una buona tecnica rappresenta una razza semi-aliena, gli abitanti di Cefeo infatti sono la mutazione geneticamente controllata secoli prima di esseri umani, riesce a rendere credibile Ghar Ko, ambasciatore del pianeta presso i terrestri e molto umana e femminile la protagonista Jess, comandante di astronave e unica persona capace di riuscire a gettare un 'ponte sull'abisso' che separa le due civiltà. Il romanzo è esattamente della giusta lunghezza, l'autrice non si fa prendere la mano dalla storia e non c'è una sola riga inutile. Ogni fatto, ogni accadimento è assolutamente necessario per la comprensione dei fatti e le spiegazioni scientifiche sono adeguate e non noiose o incomprensibili per chi come me è a digiuno di tali discipline. Infine ricordo che questo romanzo si inserisce nel disegno della Asaro di un grande 'ciclo dell' Impero Skoliano'.

Un ponte sull'abisso di Catherine Asaro, Odissea n. 10, pagg. 115