martedì 1 gennaio 2008

Diluvio di fuoco

Anche questo è stato letto nel 2007, il 29 dicembre per la precisione
Il prossimo Urania Collezione sarà Diluvio di fuoco di René Barjavel, romanzo già pubblicato in Urania, Classicidi di Urania e Libra, e per documentarmi un po’ ho tirato fuori dallo scatolone dei CUR l’edizione 1998. Avevo intenzione di leggiucchiare qua e là, tanto per farmi un’idea della trama e poterne parlare nella scheda per il Corriere della Fantascienza ma già alle prime pagine mi ritrovo treni ad altissima velocità, vaporizzatori molecolari nei luoghi pubblici e nelle strade che spandevano ossigeno e profumi, sipari d’onde filtranti per ombreggiare, autobar automobili a sospensione aerea… a questo punto vado a guardare la data della prima edizione e resto basita: 1943! E Barjavel non si limita a questo, è un fuoco d’artificio continuo di idee, di nuove invenzioni, dalla tv olografica all’aereo di famiglia, dai cibi sintetizzati al ‘plastic’ materiale industruttibile e multiuso per finire con la cosa più strana che abbia mai letto i ‘conservatori’ dove i corpi dei morti ridotti in dimensioni, refrigerati e chiusi in stanze dalle pareti di vetro condividevano le case dei vivi. Certo nel ’43 c’erano le premesse per immaginare gran parte delle cose che Barjavel ha poi descritto ma dopotutto non era uno scienziato ma un giornalista. Diluvio di fuoco è un catastrofico doc, nella trama ricorda Morte dell’erba (1967) di John Christopher: la rottura della “normalità” a causa di una catastrofe planetaria la presa di coscienza del protagonista che diventa leader di un gruppo e che attraverso mille difficoltà riesce a portarlo in salvo ed a ricostruire una sorta di civiltà. Il romanzo, mai dimenticare che è stato scritto in Francia nel 1943, è venato tutto di un maschilismo mai troppo sbandierato ma evidente, e da una violenza estrema che anche questa passa quasi inosservata nella frenesia degli avvenimenti. Alla fine poi, nelle pagine dell’epilogo si manifesta il luddismo di Barjavel in tutta la sua interezza, per l’autore il progresso, la tecnica, tutte le meravigliose invenzioni che ha immaginato realizzate nel 2050, anno inel quale si svolge la storia, saranno la causa della rovina dell’uomo. Il romanzo chiude con un primo minuscolo atto di speranza.

Diluvio di fuoco (Ravage, 1943) Classici Urania 254

5 commenti:

Anonimo ha detto...

bah ancora con queste fisime (maschilismo velato..), giudichiamo i libri per quello che sono, vedere il maschilismo dovunque rischia di diventare paranoia

sean

Doralys ha detto...

Sean, hai letto il romanzo? E in particolare hai letto la fine? Come definiresti la società creata da Dechamps dopo la catastrofe?

Anonimo ha detto...

Davvero paragoni Diluvio di fuoco a Morte dell'erba?
Sono simili nel fatto che la civiltà collassa e i protagonisti fuggono verso la campagna, ma le vicende del primo sono assolutamente improbabili, quella del secondo credibili.
Quanto al maschilismo mi pare assolutamente evidente, la società che risulta dalla catastrofe mi fa un tantinello schifo.
Non da questo giudico le qualità del romanzo, anche il comportamento dei protagonisti in Morte dell'erba non mi andava a genio, ma era narrato troppo bene.
Anacho

Doralys ha detto...

Non lo paragono, semplicemente ho detto che la trama ricorda quella di Morte dell'erba. Certo le idee sono discutibili, in un romanzo scritto ora non le accetterei, ma questo è figlio dei suoi tempi. Ho letto con piacere il libro passando sopra a tante e tante ingenuità o incongruenze, a tante piccole cose fastidiose ma sorpresa e deliziata dalle intuizioni delle primissime pagine e poi trascinata dalla vicenda, ovviamente prevedibile col senno di oggi ma mai noiosa. Non è un capolavoro ma mi ha fatto passare dei momenti piacevoli.

Anonimo ha detto...

E' vero che è stato scritto sessanta e passa anni fa, ma all'epoca RAH scriveva A noi vivi, con ben altre idee.
L'inizio è abbastanza bello, il ritratto della Parigi futura è davvero bello, ma il resto è abbastanza palloso, senza una grossa tensione narrativa.
La lettura di Morte dell'erba ti lascia (o perlomeno mi ha lasciato) con una strana sensazione, pensi che l'uomo non possa cambiare in quel modo, ma in fondo sai che Christopher ha ragione.
In Diluvio di fuoco pensi che un tale imbecille non sarebbe mai riuscito a salvarsi. :-)
Anacho